OH CHE CAPPERI!

Oh capperi, chi vedo!” così si esprimeva il Goldoni ed è proprio quello che viene da dire con grande meraviglia quando si osserva questo particolare cespuglio. Il cappero (Capparis Spinosa), pianta così caparbia ma dal fiore talmente riservato, delicato, effimero, con un morbido profumo, ha catturato da tempo tutta la mia ammirazione. Ama radicarsi spontaneamente nelle fessure delle rocce e sui vecchi muri; infatti la sua coltivazione non è affatto semplice. E’ un arbusto perenne tipico della flora spontanea mediterranea, peraltro, molto resistente alla siccità. I suoi fiori bianchi con numerosi stami filiformi violacei, si aprono al sole del primo mattino per poi appassire già dopo poche ore.

Da maggio a fine agosto si raccolgono i boccioli, dalla forma a cuore, non ancora dischiusi per uso alimentare e i piccoli sono i più pregiati. Tuttavia i grandi si possono utilizzare tritati, per salse e ripieni o interi serviti insieme all’aperitivo. I Romani utilizzavano questi bottoni floreali per insaporire il pesce.

Si prestano per esaltare tantissime preparazioni culinarie, in primis la pizza. Quella che più prediligo, però, è senza dubbio il pesto pantesco, adattissimo in questo periodo dell’anno carico di colori e profumi che danno, in un certo senso, una nota afrodisiaca! La mia ricetta rispecchia queste caratteristiche e prossimamente verrà pubblicata , in questo sito nella rubrica cucina, vi invito tutti a…provarla!

I capperi sono commercializzati sottaceto, in salamoia e sotto sale. I più famosi sono quelli di Pantelleria, coltivati su terreno vulcanico. Si distinguono per la loro compattezza, per il sapore e per l’ assenza di concimi chimici. Rimane comunque Cipro il paese dove crescono spontaneamente in abbondanza e gli abitanti ne fanno un grande uso.

Attenzione all’acquisto: la loro qualità è indicata dal prezzo, mi riferisco, soprattutto al sottaceto perché questo può meglio nascondere un prodotto inferiore. La modalità sottosale marino grosso resta la migliore per mantenere le caratteristiche organolettiche dei capperi, l’importante è sciacquarli dal sale e metterli a bagno in acqua fredda per un’oretta prima di utilizzarli; dato l’alto contenuto di cloruro di sodio l’uso deve essere moderato per chi soffre di ipertensione.

Consigli utili: aggiungere questo ingrediente solo a fine cottura e non salare ulteriormente i cibi.

Mentre per uso fitoterapico si impiega la corteccia essiccata delle sue radici, la cui azione è ritenuta tonica, diuretica, vasocostrittrice e antispasmodica. Il frutto a bacca è oblungo e scuro quando è maturo, contiene molti semi nerastri. In ottobre è divertente cimentarsi ad inserire questi chicchi nelle fessure di un muro, con un pugno di terra, per vedere se attecchisce. Io ad oggi sono riuscita solo ad avere un piccolo germoglio che ancora non ha preso tanta forza. Nel frattempo però, in attesa della riuscita della mia prova, ho comprato un mese fa, una bella pianta in un vivaio che ha già tre anni, questo è più o meno il tempo utile per avere un risultato.

In medicina tradizionale cinese il cappero ha una natura tiepida e dal sapore piccante, amaro, caratteristiche queste che tonificano lo “Yang”, cosa significa? Se c’è la necessità di tonificare questa energia soprattutto nel periodo estivo, vuol dire che è presente nell’organismo una carenza di Calore fisiologico che porta ad un Freddo-Vuoto con sintomi come sensazione di freddo, arti freddi, urina troppo chiara, assenza di sete o magari desiderio di bere bevande calde. Il deficit può essere causato da una attività fisica eccessiva o da un surplus di lavoro o dal consumo eccessivo di cibi freddi, ecco che un piccolo aiuto lo possiamo trovare anche nei boccioli di cappero per rinforzare la natura del flusso Yang.

Nomi regionali: tappari (Piemonte), cappara (Lombardia), caparo (Veneto), tapano (Liguria), capparen (Emilia), capparo (Toscana), chiapparielle (Abruzzo), chiapparo (Campania), cirasoli (Sicilia), tappara (Sardegna).

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Parlando di cappero non posso non citare questa speciale poesia di Salvatore Armando Santoro: “Capperi salentini”

“Vorrei rinascere un dì,
o madre cara,
rinascere sulle rocce del Salento
col mar che m’accarezza
e un sole lento
che splende sul mio arbusto
e lo deterge.
Vorrei rinascere cappero selvaggio,
sulle rocce che l’onda
ognora asperge,
aggrapparmi con forza
e dar colore
all’arso che risplende
sotto il sole rovente,
a cui le foglie tende.
Vorrei vestirmi di fiori,
con i petali
candidi e armoniosi
come tulle d’abito di sposa,
coi pistilli
striati d’azzurro come il mare,
pitturati di turchino come il cielo.
Vorrei rinascere arboscello,
aggrappato alla roccia
e non tremare;
essere ramo,
che non teme l’onda,
che sfida il tuono e la bufera
e non affonda,
mai vacillare a sera;
essere foglia che non sfoglia,
forte e gentile
aspra e delicata,
verde e splendente,
eterna come il tempo,
dura a morire
senza più soffrire. “

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In cosmesi naturale si utilizza un infuso di boccioli di cappero: si imbibisce una garza sterile e si applica sulle zone colpite da couperose, da varici o arrossate .

Giulia Zeroni

Consulente del Ben*Essere su misura – giornalista pubblicista

(articolo pubblicato sul quotidiano “Mondoliberonline.it”, non più attivo)