MADRE NATURA: LA SAPIENZA DELLA SALUTE

La Scuola Salernitana affermava “Ubi sunt herbae ibi salus (dove sono erbe, ivi è salute) e oggi voglio parlarvi di una pianta magica dell’antica tradizione popolare chiamata “Erba della Madonna”. Il suo nome scientifico è Sedum Telephium L., un’erbacea perenne che appartiene alla famiglia delle Crassulaceae, presenta delle foglie carnose dalla forma ovale e di colore verde chiaro. In realtà ne esistono diverse sottospecie di questa pianta, nella medicina popolare viene utilizzata anche la sottospecie “maximum”.

Essendo una pianta succulenta rustica ha poche esigenze: terreno ben drenato, non troppo fertile, posizione soleggiata e riparata. Con il sopraggiungere del primo freddo il Sedum inizia a perdere la parte aerea, si spoglia di tutto il fogliame e rimangono solo dei fusti fistolosi, ma che alla loro base presentano le nuove gemme, perciò è consigliabile eliminare questi fusti solo con l’arrivo della primavera. Durante l’inverno è utile, per proteggere al meglio la pianta, realizzare uno strato di pacciamatura e la messa a dimora deve rimanere comunque all’esterno. Scegliere sempre un fertilizzate specifico.

Nel corso dei secoli tale erba è stata studiata e usata da vari autori come il grande medico Linneo, non solo, anche un monaco medico Vallombrosano, Fulgenzo Vitman, ne descrisse le sue virtù nel “De medicas herbarum facultatibus” del 1770.

Inoltre, intorno agli anni 70-80, a riscoprirne, divulgarne le doti e favorirne l’impiego è stato il Dott. Sergio Balatri, per trent’anni chirurgo all’Ospedale San Giovanni di Dio di Firenze, in Borgo Ognissanti.

Il Dott. Balatri, memore dei suoi ricordi d’infanzia quando la madre gli applicò delle foglie su un dito per debellare un doloroso patereccio (giradito), ha sperimentato su dei pazienti, che arrivavano al pronto soccorso dell’ospedale, un battuto fatto con le foglie della pianta, collocandolo su ferite importanti. Tutto ciò lo ha portato a iniziare gli studi di Botanica e le applicazioni sui pazienti progredirono sempre più.

Le Università di Firenze e Pisa hanno, in seguito, confermato l’operato del Balatri con i loro numerosi studi e sperimentazioni poiché hanno individuato i principali costituenti di tale pianta, dotati di straordinari poteri curativi: antinfiammatorio, batteriostatico, cicatrizzante, antiossidante e riepitelizzante, fondamentale nella ricostruzione tissutale. Quindi la terapia si è estesa anche per le ustioni si secondo e terzo grado, ulcere trofiche flebostatiche delle gambe, dermatiti, fistole, ascessi, mastiti. Il Sedum Telephium si può utilizzare, oltre a ciò, per calli, verruche, foruncoli, punture di insetti, contusioni, tendiniti.

Quando la pianta inizia a fiorire (luglio-agosto-settembre) è il giusto momento per la raccolta delle foglie e il loro utilizzo, dato che esse hanno raggiunto il massimo spessore, sono cioè più carnose. Per procedere all’applicazione casalinga delle foglie sulla parte lesa si devono prima lavare, poi si toglie la pellicola della pagina inferiore dove è presente la costola e si fascia con una garza sterile. La foglia va rinnovata due volte al giorno.

Per assicurarsi la disponibilità del rimedio tutto l’anno è possibile congelare le foglie fresche, naturalmente lavate e asciugate, riponendole poi in un contenitore ermetico.

In particolari casi di allergie attenzione agli effetti collaterali che si possono verificare, anche dopo qualche giorno di trattamento, in cui si manifesta prurito; in questo caso si sospende l’applicazione e si ricopre la pelle interessata con una pomata, reperibile in farmacia, di ossido di zinco. Dopo di che si può riprendere l’utilizzo delle foglie per periodi però molto brevi, alternati con la pomata se si presentano ancora reazioni dermatitiche.

In seguito alla proposta fatta dal Dott. Balatri a uno specialista in preparazioni farmaceutiche, di utilizzare il succo delle foglie in forma di gel, è nato un prodotto erboristico da usare come modulatore del processo infiammatorio.

Gli studi su questa pianta intanto vanno tuttora avanti presso il nuovo Ospedale San Giovanni di Dio di Firenze.

La tradizione dice che se si mette alla Madonna uno stelo reciso nel giorno di San Giovanni Battista, questo rimane vitale, senza acqua, per un anno e addirittura può fiorire. Ecco da dove deriva il nome “Erba della Madonna”!

Giulia Zeroni

Consulente del Ben*Essere su misura – giornalista pubblicista

(articolo pubblicato sul quotidiano “Mondoliberonline.it”, non più attivo)