Il pathos di un’opera d’arte e riflessioni sulla mostra di Palazzo Strozzi

 IL PATHOS DI UN’OPERA D’ARTE

Si è conclusa da qualche giorno la mostra, tenutasi in Palazzo Strozzi a Firenze: “Bellezza divina tra Van Gogh, Chagall e Fontana”, opere realizzate tra la metà dell’Ottocento e la metà del Novecento.

Una bellissima esposizione dedicata alla riflessione sulla connessione tra arte e sacro e questo rapporto è stato, anche per me, motivo di meditazione.

L’arte, al di là della presenza o meno di fede, non ha confini di religione, esprime solo l’emozione personale  di ogni artista che poi si riflette sull’emozione emotiva e visiva di chi esplora, dal vivo, l’opera.

Spaziando nella sacralità di  tali opere, che rappresentano un mondo dotato di un’atmosfera speciale, sono stata rapita da più di un’opera, ma in particolare mi riferisco a questo quadro  di Felice Casorati, che è stato posto a chiusura del percorso espositivo, a cui attribuisco una delicatezza singolare  per un gesto così semplice di due mani che si uniscono per pregare, in cui è celebrata proprio la bellezza divina.

Durante la preghiera non ti lasci distrarre dai sogni a occhi aperti, perché ti trovi già in un campo fiorito che è poi il tuo spazio più intimo dove la speranza consente di affidarti, di abbandonare la paura, di osservare lo scorrere della vita, senza lasciarti abbattere, almeno in quest’attimo di intimità! La preghiera offre quel conforto necessario nel momento di maggiore sofferenza o esalta il ringraziamento per un dono ricevuto.

La bellezza rappresenta l’espressione non solo dei sensi ma anche del pensiero, un vero nutrimento per l’anima  e l’arte invita a riflettere sul mistero divino, sulla creazione, sull’esistenza. Sottolineo: la bellezza simboleggia la presenza di Dio.

Inoltre nel caso specifico il colore e la tecnica pittorica risvegliano, sicuramente, la facoltà di dischiudere un immaginario personale sia in colui che ha eseguito l’opera sia in chi osserva l’opera. Una via d’accesso per cercare la pienezza dell’essere nell’ascesa verso il sovrannaturale, attraverso la preghiera e l’arte.

Coloro che hanno avuto e hanno il dono di possedere delle capacità artistiche sono molto spesso in sintonia con l’impero divino. Quando un maestro d’arte si trova davanti ad una tela, ad un foglio bianco, ad un pezzo di creta, ad un blocco di marmo e altro ancora, attinge al  regno creativo del proprio spirito ed è ciò che ho rilevato, in modo eclatante, nell’osservare ogni opera della mostra.

Il dipinto in oggetto, secondo il mio sentire, rappresenta però una leggerezza ineffabile ed inafferrabile, di esclusiva appartenenza all’enigmatico mondo celestiale e enfatizza l’esperienza estatica nel guardare un’opera d’arte che tratta, per di più, un tema talmente peculiare… suscettibile, appunto, di varie interpretazioni soggettive.

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Oscar Wilde affermava: “la bellezza non può essere interrogata: regna per diritto divino”.

Giulia Zeroni

Consulente del Ben*Essere su misura – giornalista pubblicista

(articolo pubblicato su rivista online, Top Life Magazine, non più attiva)