ESSERE, NON ESSERE O BEN*ESSERE?

E’ interessantissimo analizzare come la parola “essere” possa assumere molteplici sfaccettature sia in senso positivo sia in senso negativo.

Ogni struttura biologica tende all’omeostasi la quale stabilisce che deve esserci sempre un rapporto di equilibrio tra l’interno e l’esterno. Poiché ogni cellula necessita di un perfetto equilibrio di sostanze al fine di rimanere in vita, l’omeostasi diventa essenziale per qualsiasi elemento vitale. Anche a livello psichico cerchiamo sempre l’omeostasi. Il rapporto sociale tende a squilibrare e il nostro interno deve continuamente rapportarsi e riorganizzarsi rispetto alle pressioni esterne. A questo scopo il benessere sociale deve essere un rapporto dinamico di recupero di una omeostasi tra le nostre esigenze psico-fisiche e le esigenze della società.

Come creare un equilibrio fra il principio di piacere e il principio di realtà, quando il piacere è la ricerca del nostro equilibrio interiore e la realtà è il nostro confronto (non sempre positivo) con l’esterno?

La salute è ovviamente il bene più prezioso della persona, pertanto prevenire diventa la parola d’ordine essenziale per “coltivare” la nostra salute e raggiungere uno stato di equilibrio personale e quindi di ben-essere.

Questo concetto è efficacemente espresso nella definizione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS): “La salute è uno stato di completo benessere psichico, fisico e sociale dell’uomo dinamicamente integrato nel suo ambiente naturale e sociale e non la sola assenza di malattia”.

L’equilibrio che caratterizza l’approccio alla salute è dato proprio dall’adattamento perfetto e continuo di un organismo al suo ambiente. Naturalmente sono del parere che la soggettività incide in modo determinante in questa dinamica di equilibrio, perciò la chiave “adattiva” è molto importante per la capacità del soggetto di interagire con l’ambiente in modo positivo, nonostante il continuo modificarsi della realtà circostante. Sicuramente, nell’equilibrio, si può così individuare uno stato di salute-benessere pur essendo affetti da una oggettiva patologia. Non è facile, ma almeno bisogna tentare di fare qualcosa ad ogni costo.

Negli ultimi decenni la dimensione psicosociale affronta la logica soprattutto produttivo-consumistica dei processi economico-sociali, secondo la quale l’individuo che possiede una abbondanza materiale, è più valorizzato rispetto a quello che è ricco interiormente. Il simbolo di questa logica sono i mass media che fanno pubblicità della ricchezza e del consumo senza tregua. Tutto diventa merce, acquistabile e vendibile: la salute, la felicità, il piacere e il benessere. E purtroppo le generazioni crescono sotto questa logica, abituandosi alla cultura del piacere istantaneo e dell’accelerazione del tempo.

I ritmi e gli stili di vita derivanti dalla logica consumistico-materialistica, risultano così sempre più lontani da quelli naturali dell’uomo. Viviamo nell’era dello stress che continuamente minaccia la nostra voglia di vivere. La stanchezza ci perseguita. Il desiderio di avere successo costringe a sottostare e adeguarsi a delle regole sempre più frenetiche che richiedono una partecipazione decisamente impegnativa, intesa come capacità produttiva e potenziale di consumo.

Osserviamo quindi come i bisogni oggettivi-concreti della realtà esterna si sovrappongono in maniera crudele e totalizzante alle vere esigenze, contribuendo ad un occultamento del proprio campo soggettivo.

Ma si può fare qualcosa per difendersi da questo massacro? Sì con la collaborazione di tutta la collettività, magari appellandosi al dovere che ogni cittadino ha di svolgere un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale e spirituale della società in modo efficiente e positivo. Inoltre basterebbe che ognuno riuscisse a capire quali sono le cose veramente importanti per la propria vita. Ascoltandosi e prestando più attenzione a tutto ciò che ci circonda si può essere e diventare capaci di valutare le proprie aspirazioni e i veri bisogni personali in modo obiettivo.

Per fortuna attualmente è in corso un cambiamento nell’atteggiamento verso se stessi e si sta affermando sempre di più la considerazione che la salute coinvolge tutti i piani dell’esistenza.

Essere e benessere devono coincidere. Il non essere invece porta alla malattia.

Infatti malattia equivale alla perdita transitoria o permanente dell’omeostasi.

Si devono perciò prendere in esame i diversi livelli dello stato globale di salute di un essere umano:

a) dimensione fisica – Dall’alimentazione dipende la nostra sopravvivenza e la nostra salute.

b) Dimensione psico-emotiva-relazionale – La libertà dell’essere deve essere acquisita. Il nostro essere non è visibile a noi stessi se non lo comunichiamo agli altri. Senza l’espressione dell’affettività l’altro non si accorge di te. L’Io compare solo nel suo manifestarsi.

c) Dimensione sociale – La dignità sociale fa riferimento ad un nostro essere che se perde il contatto con se stesso si corrompe, quindi è necessario che l’uomo rifletta sul proprio modo di porsi agli altri.

d) Dimensione spirituale – La spiritualità è un fenomeno che già è dentro di noi fin dalla nascita e rimane lì disponibile e per un eventuale successivo sviluppo di ricerca interiore ed entrare nella stanza segreta del cuore.

In conclusione il concetto di benessere riguarda principalmente la mentalità dell’individuo con il suo stile di vita che va acquisito e continuamente difeso!

Giulia Zeroni

Consulente del Ben*Essere su misura – giornalista pubblicista

(articolo pubblicato sul quotidiano “Mondoliberonline.it”, non più attivo)